La stagione migliore per il trekking in Sardegna non è ancora iniziata ma le gambe scalpitano e anche se siamo a fine agosto decidiamo di programmare una prima uscita rendendola più agevole possibile... qui inizia una serie di errori che ci porterà a concludere un'altra esperienza educativa e comunque fantastica. Primo passo e primo errore è la scelta del percorso. Tra due opzioni principali, mare o montagna, scegliamo di evitare il sole a picco e scegliamo i boschi di Gutturu Mannu e quindi la salita verso la vetta del Lattias.
Anche se il percorso è riconosciuto come difficile decidiamo di affrontarlo comunque dividendolo in due giorni. Mettiamo quindi nello zaino la tenda da trekking e pianifichiamo un po' più di 20 km di sentieri con più di 1000m di dislivello. La partenza è da Mitza Fanebas. Anche se la traccia riportata sotto parte dalla provinciale sterrata si può tranquillamente proseguire anche con un'utilitaria fino alla fonte (si veda punto di arrivo). Decidiamo di percorrere l'anello in senso antiorario seguendo all'inizio il Riu Perdu Secci per circa un km e mezzo attraverso una sterrata che ci porta a S'Arcu Perdu Secci. Da qui ci dirigiamo verso Arcu su Suergiu attraverso un comodo sentiero e arriviamo senza problemi.
Poco più avanti raggiungiamo Arcu su Tronu e qui iniziamo ad avere i primi dubbi perché la segnaletica CAI indica che occorrono poco più di 3 ore per l'arrivo alla vetta, anche se su mappa i km da percorrere sarebbero solo quattro. A conferma troviamo poco più avanti la classificazione di "sentiero per escursionisti esperti - EE". Siamo esperti, quindi proseguiamo lungo il sentiero 220. La segnaletica è buona e aiuta qualche omino posizionato in punti strategici, tuttavia a causa della complessità del percorso è sempre consigliata una buona traccia GPS da seguire. Inizia la parte più faticosa ma anche la più soddisfacente, i panorami si aprono e possiamo godere di vedute meravigliose sia verso valle sia verso le creste.

Si inizia a sudare ma poiché siamo partiti nel primo pomeriggio, questo versante resta in ombra ed aiutano i bei boschi dell'oasi WWF di Monte Arcosu. Ci concediamo qualche pausa nella ripida salita che ci porta a Costa Castangias, ancora un centinaio di metri di dislivello e dovremmo arrivare alla piccola piana in cui piazzare il campo. Naturalmente vista l'ora e l'approssimarsi del buio rinunciamo al tratto a bastone che ci porterebbe in vetta, preferiamo godere in piena luce del panorama che si vede da lassù.
Ci sono un paio di alternative per piazzare la tenda da trekking: la prima in prossimità del cartello CAI che segna la direzione per la vetta e che sarà all'indomani il punto di inizio della parte occidentale dell'anello che ci riporterà a Fanebas, la seconda poco più avanti dopo aver superato un tratto su rocca alla base di Monte Liudeddu (dove è installata la stazione meteorologica). In entrambe le piane qualcuno ha costruito in passato dei punti fuoco, noi tuttavia non accendiamo fuochi e ci accontentiamo del fornelletto.

Una volta piazzato il campo è tempo di tirare le somme: il percorso è stato più impegnativo del previsto, non siamo arrivati in vetta il primo giorno quindi avremo un tratto in più l'indomani, ma soprattutto qui ci rendiamo conto di quale è stato il nostro secondo errore: dobbiamo razionare l'acqua. Per l'indomani avremo solo un litro e mezzo a testa, tuttavia considerando che, tranne la salita alla vetta, saremo in discesa, dovremmo farcela senza problemi. Ci prepariamo quindi alla notte, cuciniamo la cena, beviamo un paio di birre, spariamo qualche sciocchezza, due risate e nanna. La notte abbastanza tranquilla nonostante un po' di vento ma inevitabilmente il secondo giorno inizia con un po' di stanchezza addosso.

Colazione, un sorso d'acqua (poca) e si sale... una meraviglia. La giornata è limpidissima, la salita impegnativa, ma che spettacolo! Le conformazioni rocciose suggestive e la vista sulle vette vicine e sulla piana sono mozzafiato. Arrivati in vetta al Lattias (1086 m), abbiamo una decisione da prendere sul percorso di rientro, la traccia segnata su mappa prevede una discesa verso Riu Fenugus (tra Lattias e Caravius) tuttavia non troviamo nell'immediato il sentiero e preferiamo dirigerci verso monte Seddas poiché in passato abbiamo già seguito quel percorso ed abbiamo una traccia precisa.
E' da qui che inizia il calvario! Quando si percorre un tracciato per escursionisti esperti bisogna essere in genere sia esperti che allenati. Noi siamo sufficientemente esperti, ma non allenati, è il terzo errore.

Nonostante siamo in discesa il terreno è ripido e sconnesso e il percorso richiede la massima attenzione, i tempi sono dilatati, il sole inizia a picchiare e l'acqua a scarseggiare. Non c'è preoccupazione di non arrivare al traguardo (abbiamo tutto il giorno) ma il disagio cresce passo dopo passo, tanto che cerchiamo su mappa un sentiero alternativo che ci faccia risparmiare qualche chilometro. Sulla mappa Kompass ci sarebbe un sentiero che fa per noi, attraversa Planeddu Tuvu Mannu e si biforca per uscire a S'Arcu Perdu Secci o direttamente a Nuraghe Fanebas. E' perfetto, ci inoltriamo, ma il sentiero non esiste più, dobbiamo fare marcia indietro tra rovi e sottobosco che aggiungono stress a stress. Riprendiamo il percorso previsto, rassegnandoci a dover camminare ancora per 10km stanchi e assetati.

Questa parte del percorso sarebbe anche piacevole: un bellissimo bosco, alcuni passaggi su letti di torrenti in secca che in periodo di piogge formano suggestive cascatelle, temperature mitigate dall'ombra degli alberi. Noi, tuttavia, facciamo l'impietoso conto alla rovescia dei chilometri che ci separano dalle fonti che troveremo all'arrivo. A riprova del disagio il fatto che ho smesso di scattare foto e di segnare waypoint sulla traccia.
L'arrivo a Riu Gutturu Mannu ha un che di tragicomico, da lontano ci sembra di aver raggiunto la carrareccia e quindi di poter camminare in tranquillità fino all'arrivo, poi ci accorgiamo che non è strada ma letto da guadare per iniziare tratti di salita sul versante opposto. Ridiamo e ci compatiamo. Arrivati a Porcili Mannu non troviamo acqua corrente ma riempiamo una borraccia da una pozza filtrando come possibile per avere una riserva d'emergenza.

Anche l'ultimo tratto dell'anello su Riu Gutturu Mannu è spettacolare, soprattutto quando la portata d'acqua rende vivo il torrente, non abbiamo potuto goderne in quest'occasione ma sicuramente non sarà l'ultima visita. Arriviamo stremati alla fontana di Fanebas e beviamo senza ritegno, neanche fossimo sopravvissuti al deserto. Fortunatamente anche ad agosto un rivolo d'acqua ci consente di riempire le borracce. Rientriamo a casa più tardi del previsto, qualcuno si è preoccupato non potendo raggiungerci telefonicamente per assenza di segnale telefonico, ma come sempre in uscite come questa avevamo tutti gli strumenti per gestire eventuali situazioni d'emergenza.
In conclusione, dovendo dare alcuni consigli a chi voglia seguire la traccia, occorre specificare che si tratta di un percorso lungo e impegnativo, i professionisti del trekking potrebbero anche percorrerlo in giornata assicurandosi ti partire presto, tuttavia il suggerimento è quello di dedicargli due giorni prendendosi del tempo per esplorare nei pressi della vetta. Non fatevi ingannare dal chilometraggio perché la parte alta è abbastanza impegnativa e richiede tempo. Chi volesse tagliare in parte il percorso in salita può prendere uno dei sentieri che partono in prossimità di Arcu Perdu Secci in direzione ovest e non passano per Su Suergiu.
L'esperienza è sempre positiva quando un'uscita si conclude bene, pertanto rifarei sicuramente lo stesso giro, magari nell'economia dello zaino sostituirei le bracioline di maiale con un litro d'acqua in più.
TRACCIATO DEL PERCORSO
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