Campeggio libero in Sardegna - un assurdo divieto

Sardinia Camping


L'attività all'aperto, che si tratti di trekking, ciclismo, o escursionismo in generale, prevede come elemento imprescindibile la libertà di scegliere la direzione, i tempi e i modi di percorrenza, la destinazione finale. Ogni limitazione non imposta dalla natura finisce inevitabilmente per ridurre questa libertà ed impoverire il viaggio.

Quando si organizza un'uscita di trekking di durata superiore ad un giorno, il rito di allestimento del campo o il semplice posizionamento della tenda/amaca, è parte integrante dell'avventura, oltre che tappa obbligata per chi non voglia o non possa fermarsi in aree attrezzate. Inoltre, nei territori in cui le aree destinate al campeggio non ci sono affatto, la sosta libera costituisce la sola opportunità di fare vero escursionismo.

Nel territorio sardo, ricchissimo di contesti naturali selvaggi, bellissimi e poco frequentati, ma povero di strutture dedicate ai campeggiatori, viaggiare in libertà per più di un giorno, a piedi o in bicicletta, è di fatto vietato. L'alternativa al "pacchetto turistico" o all'uscita giornaliera non esiste:


La Legge Regionale 28/07/2017, N. 16 stabilisce infatti che:

[...] Su tutto il territorio regionale è vietato il campeggio con tende, caravan, autocaravan, camper o altri simili mezzi mobili di pernottamento al di fuori delle strutture ricettive all'aria aperta, delle aree attrezzate di sosta temporanea, delle aree di sosta temporanea approntate presso altre attività di servizio ai viaggiatori, quali stazioni di servizio, strutture agrituristiche e di ristorazione, e delle altre aree eventualmente individuate dai comuni interessati.

Ciò rende illegale non solo l'utilizzo della tenda ma, a seconda dell’interpretazione di chi controlla, anche quello dell'amaca o il semplice utilizzo di sacco e sottosacco che potrebbero ricadere nella definizione di "altri simili mezzi mobili di pernottamento". La trasgressione può costare fino a 200€ di multa, il doppio in caso di recidiva.

Le motivazioni di questa scelta assolutamente indiscriminata possono essere individuate solo nella volontà di costringere i turisti in strutture commerciali. Poco convincono i riferimenti alla  necessità di salvaguardare l'ambientale in quanto chi si sposta per escursioni giornaliere (sicuramente meno coinvolto con la natura rispetto ad un escursionista "wild"), inquina sicuramente di più rispetto ad un trekker che decide di camminare una settimana nel Supramonte. D'altra parte per la salvaguardia antincendio sarebbe stato sufficiente il divieto di accendere fuochi e per la difesa degli arenili una "fascia di rispetto" con distanza minima dal bagnasciuga avrebbe raggiunto lo scopo. Ovviamente le oasi protette devono sempre essere interdette ad ogni forma di campeggio.

Ciò che stupisce è quindi l'assolutezza della disposizione e la poca lungimiranza nel vedere opportunità di sviluppo di un comparto turistico che non è sicuramente di nicchia, in un periodo in cui i "cammini" fioriscono in tutta Europa (e non solo).

Restiamo fiduciosi, ma poco convinti, riguardo alla revisione della Legge, nel frattempo continuiamo a guardarci attorno sospettosi alla luce di una lampada frontale e sogniamo uomini in divisa che incassano le nostre multe.


Aggiornamento 19/07/2019

Voglio integrare l'articolo a seguito dei diversi commenti postati su social che pongono due obiezioni a quanto scritto sopra:
1) i campeggiatori inquinano;
2) i campeggiatori spendono poco (quindi non ci conviene accoglierli).
Sono ovviamente due punti di vista legittimi, tuttavia opinabili.

Per quanto riguarda il primo punto si possono fare le seguenti considerazioni:
- Se il problema è l'inquinamento servono sanzioni contro chi sporca, non contro chi monta una tenda. È come se per evitare che qualcuno guidi da ubriaco si vietasse a tutti di utilizzare l'auto.
- L'attenzione alla natura di un trekker, di uno scout, e di chi in genere pratica seriamente l'escursionismo, è generalmente più elevata rispetto a quella di chi si limita ad uscite giornaliere occasionali. È pur vero che questi ultimi dovrebbero essere più controllati da parte degli accompagnatori, ma si deve pensare che anche il campeggio libero con accompagnatore è vietato.

In merito al secondo punto ancora due obiezioni:
- Prendendo per buono l'assunto che un libero campeggiatore spenda poco, cosa guadagnamo in più nel caso non venga affatto a percorrere i nostri sentieri?
- L'obiezione più importante su questo punto (che potrebbe attirarmi la maggior parte delle critiche) è che chi guarda esclusivamente al lato economico ragiona con una visione proprietaria del territorio. Se si tiene fuori la proprietà privata, alla quale ovviamente non si può accedere senza consenso, i territori demaniali devono essere fruibili a chiunque. Il discorso "viene a casa mia e non paga" non funziona semplicemente perché le ricchezze naturali e culturali della Sardegna non sono nostre, sono di tutti. Noi dobbiamo salvaguardarle e valorizzarle ma non dobbiamo considerarle proprietà a reddito bensì risorse da valorizzare.

Aggiungo che le considerazioni del post sono scritte pensando al trekking, anche perché la vacanza estiva di una famiglia in tenda ha per sua natura necessità di strutture dedicate e difficilmente viene fatta con campeggio libero.

Concludo con l'ovvia considerazione che quanto detto finora è l'opinione del blog, anche se ritengo sia abbastanza logica e condivisibile, aspetto commenti e confutazioni che possano aiutare i lettori a formarsi un'opinione in un senso o nell'altro..

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