Jbel Toubkal (4167 m) Trekking sull'Atlante (Marocco)

 

Quando rientrai dal fantastico trekking nel deserto (Carovane Berbere), ultimo viaggio prima dell'esplosione della pandemia di COVID, scrissi un post nel quale si legge: "Le montagne innevate dell'Atlante ci seguono per buona parte del viaggio e la mente del trekker già fantastica su future escursioni in vetta al Toubkal". Il sogno si è avverato ed il cerchio si è chiuso. Ripartire dal Marocco dopo i viaggi annullati e le difficili rinunce è quasi catartico, ritrovare vecchi amici è una gioia come incontrarne di nuovi.

Anche stavolta tutto inizia a Marrakech, la città è caotica come la ricordavo, tuttavia l'impatto con la folla e la ressa della piazza Jamaa el Fna, dopo i due anni di diffidenza e distanziamento, è dapprima destabilizzante ma diventa subito un caldo abbraccio di cui si sentiva la mancanza. Le alte temperature stagionali mi consentono soltanto qualche passeggiata nella Medina tra il quartiere ebraico e la moschea della Kutubiyya.

La benedizione del buon compagno di cammino non è mancata, l'incontro in città con i nuovi amici è stato da subito rassicurante e anche stavolta ho avuto la fortuna di conoscere persone meravigliose e, soprattutto, ho ritrovato Marina e Said.


Il cammino parte dalla località sciistica di Oukaimeden, pertanto percorriamo in pullman  gli ottanta chilometri che separano Marrakech dall'inizio della prima tappa. Una passeggiata tra le antiche malghe precede il primo pranzo preparato dal nostro cuoco di montagna, poi zaino in spalla e si inizia a camminare. Entriamo ufficialmente nel Parco Nazionale del Toubkal, i paesaggi sono brulli e rocciosi, ma nelle valli percorse da fiumi e torrenti la vegetazione è ricca e composta principalmente da noci ed alberi da frutta. Valicando il colle Tizi N’ouaddi (2.960 m), scendiamo fino a Tamguist dove troviamo la nostra prima "gite d’étape" (ospitalità rurale), ci scaldiamo con un tè marocchino servito in terrazza, spizzichiamo "cacahuete" e con uno sguardo alle montagne ci prepariamo per la cena e per la notte.

Bismillah. Come ogni mattina iniziamo con una lettura che risveglia i pensieri, poi si cammina. La seconda tappa ci dovrebbe portare ad Imsker tuttavia continueremo fino ad Amfalkou per una questione logistica. Il percorso è quasi tutto in discesa e si cammina bene e spediti per 19 km, per buona parte dei quali seguiamo il corso del fiume la cui portata non è eccezionale ma sufficiente a dissetare le verdi coltivazioni terrazzate della Vallée Imnan. 

Passiamo i caratteristici villaggi di Tamguist, Ikkiss, Amskère, Arg e Imsker, ammirando le tipiche costruzioni di terra e sassi che ancora resistono a fianco delle più recenti case di blocchi di cemento. All'ora più calda ci fermiamo per il pranzo e per la siesta in una fresca e piacevole oasi con alti noci, poi con calma riprendiamo i cammino fino a ritrovare l'asfalto e la nuova confortevole gite d’étape che ci ospiterà per la notte. C'è il tempo per fare il bucato e rilassarci nella terrazza ascoltando la voce del muezzin e i versi delle capre, uno dei momenti più rilassanti di tutto il cammino.

La terza giornata inizia subito con un tratto in salita di circa quattro chilometri, il cammino poi degrada mantenendo dislivelli moderati per i restanti nove. A mezza mattina raggiungiamo il passo di Tizi N’techt (2000 m) e dopo il primo strappo in salita fa proprio piacere trovare, all'ombra di un ginepro, un "punto di ristoro" costituito da un signore gentile con un tavolino ed una bacinella di arance da spremere al momento per placare la sete e il bisogno di zuccheri del trekker di passaggio. Mentre tiriamo il fiato la nostra carovana di muli ci raggiunge e passa oltre per organizzare il nostro pranzo in un trekking lodge di Azzaden. 

La seconda parte della tappa meraviglia per la varietà di colori che caratterizzano il paesaggio. In alcuni tratti la separazione cromatica è netta e divide un versante rosso acceso dall'altro di un grigio più monotono.  Non è strano che anche i villaggi rispecchino il colore della collina su cui sono edificati, integrandosi pienamente con l'ambiente circostante. Arriviamo alla gite abbastanza presto e, scelte le camere per la notte, ci dedichiamo ai soliti immancabili riti: tè, lavaggio abiti, doccia (più o meno fredda) e relax. Non posso poi dimenticare che al posto della collana di datteri abbiamo trovato una bella "catena di ditteri" che sembrava reggere il lampadario del lodge (mi scuso con chi legge per il riferimento criptico ma i compagni di viaggio ne potranno ridere).

Il quarto giorno si inizia a fare sul serio, ci attende un dislivello positivo di circa 1300 m in poco più di otto chilometri di cammino. Il paesaggio si mostra subito vario ed emozionante. Iniziamo a camminare tra orti terrazzati e torrenti, entriamo presto in un fantastico bosco di ginepri centenari e non posso fare a meno di pensare alla mia isola mentre cerco di abbracciarne i fusti, nessuna nostalgia ma le similitudini aumentano quando raggiungiamo i primi ovili e le greggi di capre che ci accompagnano. La parte più spettacolare è sicuramente la cascata di Igholiden, un lungo salto abbondante anche in questa stagione racchiuso in uno scrigno di pietra. 

Qui le foto si sprecano ed approfittiamo della presenza di un piccolo chiosco per bere una bibita e mangiare un'arancia. Riprendiamo a salire, ormai la vista sull'Atlante diventa sempre più ampia e lo sguardo si perde nella foschia all'orizzonte. Finalmente si intravede il rifugio Tazarhart (3000 m) e commetto il solito errore del principiante, dico: "ah... siamo quasi arrivati". Da qui una serie di tornanti mostra e nasconde il rifugio mettendo alla prova la mia resistenza, ma finalmente si arriva. Il contesto è spettacolare: una cascata meravigliosa (anche se più piccola della precedente), una splendida vista e profumo di pane fritto, i nostri amici della carovana ci hanno accolti molto bene.  Passiamo uno splendido pomeriggio a crogiolarci al sole mentre ogni tanto qualche escursionista passa e prosegue. La sistemazione per la notte è spartana ma comoda (a parte la mini ferrata per arrivare al soppalco), tutti a nanna, domani si sale ancora.

Quinto giorno, la fatica cresce. Iniziamo da subito a salire con le ombre delle montagne che si riducono, riusciamo tuttavia a percorrere la parte più faticosa della tappa senza che il sole ci appesantisca il passo. Visto dal basso il valico del M. Aguelzim (3.650 m) è sconfortante, un'alta parete da salire seguendo una serie interminabile di ripidi tornanti, con omini lontani che, sebbene siano minuscoli alla vista, risultano essere ancora a metà salita. Passo dopo passo la mente vaga tra mille pensieri per ingannare il tempo finché con grande soddisfazione svalichiamo e ci si apre la vista sul versante orientale e sul Toubkal. 

Iniziamo la discesa che ci riporterà a 3200 m fino al rifugio che, al contrario del precedente, è dotato di tutti i confort. Anche stavolta pomeriggio in relax e poi a letto presto in un'ampia camerata perché l'indomani si va in vetta e quindi c'è la levataccia. Cerchiamo di dormire un paio d'ore, disturbati da un turista tedesco che russa in quattro quarti e da qualche insetto affamato.

Alle tre la sveglia, colazione, riunione in cortile e alle quattro si sale. Il percorso è faticoso ma non difficile, alla luce delle frontali vediamo solo i nostri passi e qualche ragno che zampetta. Arriviamo in vetta all'alba, l'emozione è forte nel vedere la piramide metallica che segna i 4167 m di altitudine e il sole che spunta dalle vette più in basso. Ancor più emozionante vedere la soddisfazione dell'amica Laura che al suo secondo tentativo riesce a raggiungere la vetta più alta del nord Africa. Non saremo sul tetto del Mondo, ma siamo sul tetto di un mondo che mi piace tanto. 

È triste ridiscendere, sembra di essere sulla via del ritorno ma non è così, ci attendono 14 km di discesa fino ad Aroumd e lungo la via passiamo per il santuario di Sidi Chamharouch dove secondo la leggenda sarebbe sepolto, sotto un enorme masso, il re dei Jinn. Oggi il villaggio è frequentato da coloro che cercano di curare l'infertilità con il potere del Marabutto (santuario). 

Arriviamo ad Aroumd in una bella gite circondata dal verde e nonostante la stanchezza usciamo nuovamente per scoprire il villaggio percorrendone i vicoli tra gli sguardi curiosi degli abitanti. Un leggero languorino ci riporta a casa per la cena, due chiacchiere di fine cammino e poi si dorme. L'indomani ci aspetta solo una passeggiata fino a Imlil, cittadina più ricca e organizzata che è generalmente punto di partenza per i trek verso il Toubkal, e poi il pulmino per Marrakech.

È sempre difficile descrivere le sensazioni generali che lascia un viaggio, soprattutto se si tratta di un cammino che per sua natura ha elementi di introspezione più forti. Mi restano come sempre i compagni di viaggio, l'entroterra marocchino, l'esperienza delle piccole cose nuove, lo spirito di adattamento e la condivisione, la soddisfazione del mio primo 4000, la felicità e la voglia di tornare.



Grazie ragazzi per la compagnia, grazie a Marina e Said ed alla Compagnia dei Cammini. Alla prossima avventura.



Commenti

  1. Grazie mille. Ti auguro una buona e felice giornata amico mio. Questo è un viaggio molto bello. Eri felice in questo viaggio. Ti auguro successo e lunga vita, amico mio. Ma dovresti visitare il deserto, amico mio Benvenuti nel deserto.

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    1. Ciao, sono già stato nel deserto, sulle dune Zahar, ma tornerò sicuramente. A presto.

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