La Via degli Dei - da Bologna a Firenze
Mentre attendo che la natura e i decreti COVID ci consentano di perderci nuovamente in giro per il mondo, viaggio con i ricordi dei trekking più belli. Uno dei migliori è sicuramente quello sulla Via degli Dei, ovviamente per il territorio (che abbiamo potuto ammirare solo in parte), ma soprattutto per le circostanze che ne hanno fatto un vero cammino, sebbene di soli cinque giorni, oltre che per la compagnia.
Quando ho scelto questo cammino cercavo un bel percorso da iniziare e concludere nelle mie ferie pasquali del 2019. Come sempre ho fatto un sondaggio tra gli amici e dopo tante mezze promesse e qualche forse, solo io e l'irriducibile Mila abbiamo accettato la sfida. Incontro nella magica Bologna dove a sera le parole luminose di Dalla ci accendevano di speranza con "l'anno che verrà". Certo allora non avrei mai pensato che sarebbe stato questo anno di sofferenza, reclusione e privazioni, ma il messaggio resta e ci condurrà a nuove avventure.
PRIMA TAPPA: Bologna - Badolo (TRACCIATO PRIMA TAPPA)
La partenza da Piazza Maggiore inizia subito con uno dei tanti episodi tragicomici che renderanno il viaggio meraviglioso. Entrati nella Basilica di S.Petronio per il primo timbro sulla credenziale troviamo lo sportello turistico chiuso, ci spingiamo quindi fino alla sagrestia dove un personaggio che ricorda molto il Venerabile Jorge del film Il Nome della Rosa, ha iniziato a parlarci in modo incomprensibile (forse scambiandoci per stranieri), mentre il prete in fase di vestizione per la messa ci interrogava sul nostro "pellegrinaggio" e pregava per noi. Abbiamo ottenuto un timbro (forse il più bello) e siamo usciti a passo svelto, straniti e con la ridolina, incrociando i militari armati all'ingresso che ci osservavano dubbiosi.
Di buon umore prendiamo via Saragozza e iniziamo a vedere ragazzi con lo zaino in spalla e gli scarponi appesi che ritroveremo forse più avanti sui sentieri.
Presi i portici di S.Luca a passo veloce il fiato inizia a spezzarsi e le gambe prendono il ritmo. Alla fine dei portici più lunghi del mondo (circa 3,8Km) e passate 666 arcate, mi pare quasi di intravedere Lucifero, ma forse era solo l'ipossia e non la punizione per la scarsa spiritualità con cui abbiamo iniziato il viaggio.
La giornata è splendida e ci fa ben sperare in cinque giorni di sole e panorami mozzafiato (illusi). Dopo il santuario prendiamo la via di S.Luca che ci regala scorci bellissimi, e dopo circa un chilometro di asfalto troviamo sulla destra il sentiero dei Bregoli che tra stazioni della Via Crucis (graffitate con aforismi hippy) e vegetazione rigogliosa, ci porta fino al parco della Chiusa, dove una breve pausa ci consente uno sguardo a villa Talon protetti dall'ombra di alti ippocastani.
Seguiamo il Reno e prendiamo la Via Panoramica avvicinandoci ad un bel bosco di olmi tra rosa canina e biancospino. Il sentiero nel bosco è piacevole e ritrovata la strada esclamo con sorpresa: "guarda... un cervo!" per rendermi subito conto con imbarazzo che si tratta di un fantoccio utilizzato come bersaglio da una scuola di tiro con l'arco. Avvilito, faccia a terra, mi rendo conto che la banchina a bordo strada è tappezzata di piantine di fragole cresciute spontaneamente ma ancora senza frutto. La fame inizia a farsi sentire e dopo Vizzano ci fermiamo per il pranzo a bordo strada.
Finita la sosta una sterrata ci porta al ripido sentiero che conduce a Badolo, tra quelli che percorrono il sentiero con noi siamo gli unici che prendono la variante. Arrivati all'alloggio per la notte incontriamo un'altro personaggio che farà per sempre parte degli aneddoti su questo cammino: qui la chiamo Circe, in parte per i modi da despota e in parte perché noi maiali abbiamo trovato aria di casa in un ambiente non proprio asettico, tuttavia se non ci fosse stata lei non ci saremmo divertiti tanto. A sera altri due gruppi si sono uniti a noi e l'ironia sulla situazione contingente ci ha uniti più di quanto avrebbe fatto una grolla.
SECONDA TAPPA: Badolo - Madonna dei Fornelli (TRACCIATO SECONDA TAPPA)
La partenza da Badolo ci fa subito capire che il cielo terso del giorno precedente è solo un ricordo. Percorriamo la "cengia di Nando" verso Monte del Frate con la vana speranza che ci sia concesso di ammirare il panorama promesso. Arrivati a Monte Adone, punto clou della tappa dal quale avremmo potuto vedere tanto lontano da poter salutare i parenti a casa, un muro di nebbia ci si para davanti e la preoccupazione maggiore è quella di finire di sotto.
Ci fermiamo alla croce di ferro ed apriamo la scatola metallica contenente il quaderno su cui lasciare un pensiero, ma per la fortuna che abbiamo il quaderno non ha più spazi liberi. Prendo dallo zaino un blocco nuovo che avrei usato per gli appunti di viaggio, scrivo il primo pensiero e lascio il quaderno nella scatola per chi arriverà dopo. No tranquilli, non ho scritto nulla che potesse riordinare le gerarchie nella Volta Celeste, nonostante le circostanze, questo perché comunque Monte Adone è bellissimo anche con la nebbia.
Qualche foto e si riparte in discesa. Percorso un breve tratto incontriamo alcuni ragazzi con una gallina al seguito, stupiti chiediamo a qualcuno che ragioni abbia il pennuto di percorrere la Via degli Dei, scopriamo che la gallina è stata salvata da brodo certo e che i ragazzi che l'hanno acquistata la libereranno il 25 aprile in piazza della Signoria a Firenze per festeggiare una doppia Liberazione. Peccato non aver potuto vedere la folla starnazzare al seguito di una gallina fiera sotto il loggiato.
Usciti dal sentiero ci aspettano sette chilometri di asfalto fino a Monzuno, qui iniziano le sofferenze, grave errore non aver portato anche un paio di scarpette leggere. Gli scarponi che mi salveranno nei giorni a venire in questa occasione mi distruggono i piedi, me ne accorgo quando, dopo pranzo, rinizio a camminare a freddo.
Fortunatamente riusciamo a riprendere lo sterrato dopo un paio di chilometri e tra sentieri e carrarecce raggiungiamo "le Croci" e poi Monte del Galletto, dove un cartello ci mostra le splendide cime che vedremmo se la nebbia non ci bloccasse lo sguardo. Arrivati a Madonna Dei Fornelli riusciamo a dimenticare i problemi dovuti all'assenza di acqua calda nella doccia solo quando a tavola arrivano i taglieri, lo gnocco fritto e la birra di castagne. Tornati in stanza ci armiamo di ago e filo per un lavoro di fino sulla vesciche.
TERZA TAPPA: Madonna dei Fornelli - Monte di Fo (TRACCIATO TERZA TAPPA)
Una volta scuciti i piedi e preparato lo zaino si parte con la pioggia che ci accompagna a tratti, è la tappa del fango. Ringraziamo di non aver optato per tenda e sacchi a pelo, soprattutto dopo aver sentito altri che avevano commesso questo errore. I sentieri sono diventati paludi, lo scarpone sprofonda nel fango e ad ogni passo si tira su un chilo di zavorra.
Dopo qualche chilometro dalla partenza troviamo i resti della via Flaminia Militare, l'atmosfera è magica ed immaginiamo carri ed uomini del passato che calpestano come noi queste lastre, e come noi scivolano dando delle culate pazzesche solo in parte attutite dal fango. Più avanti raggiungiamo una cava romana di arenaria utilizzata a partire dal II secolo a.C. per estrarre le lastre che hanno pavimentato la via appena percorsa.
Sciando sul fango tra boschi e distese erbose e fermandoci a tratti per ammirare scorci favolosi impreziositi da un'alone misterioso di nebbia e piovischio, giungiamo al confine tra Emilia Romagna e Toscana. Qui, davanti al segnale in pietra, ci sentiamo come Benigni e Troisi che vanno verso Frittole e d'istinto cerchiamo un fiorino per il pedaggio.
Nel pomeriggio la pioggia diventa battente ed arriviamo a Monte di Fo stanchi e fradici. L'albergo di montagna in cui dormiremo ci mette a disposizione il locale caldaie per stendere qualche indumento bagnato e far asciugare gli scarponi che nell'ultimo tratto di strada provinciale hanno perso il loro guscio di melma fangosa. Birra, vino, tagliatelle e stufato poi a letto.
QUARTA TAPPA: Monte di Fo - San Piero a Sieve (TRACCIATO QUARTA TAPPA)
La mattina della quarta tappa l'atmosfera è surreale, sembra di camminare in un bosco incantato. La nebbia copre tutto e ci aspettiamo che i folletti escano per morderci i piedi (già compromessi nei giorni precedenti) e le fate scendano dai rami per illuminarci la strada. Il silenzio è interrotto solo da piccoli rivoli che scorrono sul sentiero ma d'un tratto un ululato rompe la tranquillità.
Strano... non può essere un lupo (che sarebbe stato più posato), infatti si tratta di un escursionista pazzo che ci supera correndo a rotta di collo in una discesa ripida tra pietre instabili acqua e fango, la madre, che ci raggiunge poco dopo ci tranquillizza: "niente paura, è scemo". E anche oggi una risata ci aiuta a camminare col buon umore. I sentieri restano pesanti e difficilmente praticabili ma incontriamo salamandre coloratissime e lumaconi da mezzo chilo che accendono la nostra curiosità. Il ginocchio scricchiola, ed io che da vero duro non uso bastoni, devo rubarne uno alla compagna di viaggio.
A mezza giornata la nebbia si dirada e l'orizzonte inizia a mostrarsi, finalmente qualche scorcio della campagna toscana che rivedremo volentieri in una prossima occasione, ricordando il tormentone che ci ha accompagnati mentre camminavamo stanchi nella coltre grigiastra: "però... bella la campagna toscana eh?". Passata Sant'Agata lasciamo il bosco e il paesaggio cambia, i campi coltivati ci conducono fino a San Piero a Sieve dove per la prima volta troviamo un alloggio super confortevole. Incontriamo alcuni amici toscani che ci raggiungono per un caffè e coi quali chiacchieriamo volentieri, l'indomani la partenza sarà prima dell'alba perché la tappa è lunga, ma ancora una volta una buona cena ci rilassa e ci prepara alla fatica.
QUINTA TAPPA: San Piero a Sieve - Firenze (TRACCIATO QUINTA TAPPA)
Finalmente il cielo si apre, iniziamo a salire verso la Fortezza di S.Martino ammirando la parte vecchia di S.Piero a Sieve, poi svoltiamo e continuiamo a salire fino al Castello di Trebbio. Il piccolo borgo è meraviglioso e il paesaggio è da cartolina. La nebbia che nei giorni passati ci avvolgeva ora è sotto di noi e come una coperta bianca protegge la vallata sottostante.
L'umore è alto e solo più avanti, quando scendiamo di quota verso Tagliaferro, un po' di foschia ci raggiunge ma l'abbandoniamo lungo la salita per il Convento di Monte Senario. Qui molti camminatori si sono fermati per il pranzo, lo facciamo anche noi e ci crogioliamo per un po' al sole. Rifocillati iniziamo la discesa passando per gli orti e il bosco del convento, ci attende un alternarsi di asfalto e sentieri, poi entriamo nel bosco che porta fino a Poggio Pratone dove una distesa d'erba verdissima è meta per le gite fuori porta degli abitanti del luogo.
Da qui iniziamo a scorgere in lontananza Fiesole e Firenze e ci illudiamo di essere vicini. Non ci sono più salite e arriviamo in poco tempo a Fiesole dove incontriamo i visi noti dei ragazzi che più volte abbiamo incrociato durante il cammino. Molti a Fiesole si arrendono consapevoli che buona parte del tratto mancate sarà su asfalto, ma noi risoluti a completare il percorso "da piazza a piazza", muoviamo per l'area naturale di Montececeri che ci accoglie con i suoi splendidi boschi, le cave, le astronavi scolpite nella pietra e i segnali CAI che segnano un chilometraggio crescente per la nostra destinazione generando un po' d'ansia. Per la prima volta in cinque giorni riusciamo a perderci, anche se solo per un breve tratto che ci avrebbe condotti (neanche a dirlo) alla "variante del Dirupo".
Usciamo dal bosco sulla strada per Maiano e da qui, salvo un brevissimo tratto, inizia l'odissea dell'asfalto. Il lato tragicomico di questa tappa non viene da soggetti esterni, siamo noi stessi le macchiette, la camminata ormai è "a papera" e ricordo l'orrore provato a Firenze quando abbiamo scoperto di dover attraversare la ferrovia salendo i ripidi gradini di ferro di un cavalcavia. Le gambe molli dopo 8 km di asfalto che concludevano i 45km della giornata, tra un "manca molto?" e un "siamo arrivati?".
Poi finalmente piazza della Signoria, splendida, resa ancor più bella dalla soddisfazione enorme di aver raggiunto l'obbiettivo. Cosa c'è di meglio di un aperitivo in piazza? Niente, neanche l'aperitivo, perché dal locale in cui ci accingevamo a sederci ci hanno cacciati in quanto pezzenti puzzoni. Ma va bene così, nulla ci toglierà la felicità dal cuore e la bellezza dagli occhi, certo per la stanchezza dai piedi ci vorrà un po', intanto ci prendiamo un taxi per percorrere il chilometro che ci separa dal B&B, facciamo finta che l'alloggio sia meraviglioso, ordiniamo una pizza, cuciamo i piedi e domani vedremo Firenze.
In totale 147 km percorsi, e 4670 metri di dislivello positivo. Stanchezza, umidità, risate, natura, belle persone e la consueta soddisfazione di fine cammino che voglio riprovare al più presto.
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